Review by Darkroom Magazine
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Sincopate note di xilofono in cui s'intrufola lieve un violoncello: così inizia il secondo full-lenght dei Katzenjammer Kabarett. Album atteso da quei molti che già ai tempi del debutto (con il dischetto eponimo) furono impressionati dalla novità proposta, sebbene figlia di suoni passati. Niente gavetta, subito gloria: il mix tra teatro gotico e post-punk di rimando Banshees è piaciuto immediatamente. L'attesa per il seguito artistico della band francese era alta e "Grand Guignol & Variétés" non delude le aspettative, se non in parte. Sam Rosenthal li ha voluti alla Projekt, facendo loro assaporare lo stile della label con l'inclusione di un loro brano ("Gemini Girl Song") nel sampler "A Dark Cabaret", in compagnia di nomi quali Dresden Dolls, Rozz Williams, Audra e il sempre luminoso progetto dello stesso Rosenthal, Black Tape For A Blue Girl. Se tornate all'inizio della recensione e pensate che il violoncello e lo xilofono vi porteranno in un mondo di note eteree e neoclassiche, rimarrete però abbagliati dallo stacco quasi immediato che l'opener "Jack's Parade" impone: l'ingresso della chitarra di Herr Katz, su cui la 'siouxsiana' voce di Mary Komplikated recita-cantando il testo, riporta d'impatto allo stile tipico della band. Dodici tracce in cui il post-punk di miss Ballion (Siouxsie) rivive prepotente e glorioso. Ascoltate "Nothing But His", tra momenti statici e ambientali in cui la tastiera mantiene alto il pathos, attendendo il ritorno dei riff di chitarra con la voce (anche con gridolini) tesa su note basse e roche, e capirete che tutto ciò che è stato il Banshees-style' può vivere ancora a lungo nel suono dei Katzenjammer Kabarett. Senza forzatamente esserne copia, ma con la modernità del volere platealmente dare un tocco di scuola espressionista al suono, al cantato, alla costruzione dei brani. L'affiancarli musicalmente ai Dresden Dolls è errato e frutto di superficiali giudizi. Piuttosto, anche nella copertina di "Grand Guignol & Variété" il richiamo artistico porta al gusto per il surrealismo pittorico di taluni artowrk di ormai 'antichi' vinili come "A New Form Of Beauty" dei Virgin Prunes o "Deathwish" dei Christian Death, con il gusto horroristico ed un po' dada di vari pittori francesi della fine dell'800. Un disco che ha tanti pregi ma anche momenti statici e ripetitivi, vittima di alcuni cliché che si trascinano meccanici risultando un po' noiosi in alcune tracce, come in "Wondered Colonel Killed Couple" o "A Real Gentleman Or The Made Lover", per citarne un paio. Ritornando al parallelismo con i Banshees, Steven Severin, Budgie e Siouxsie, a differenza del combo transalpino, hanno costruito il proprio mito sull'eterogeneità della loro proposta, anche all'interno di un singolo album. Mancano i momenti in cui il ritmo rallenta, regalando intimismi delicati all'ascolto. In ciò i Nostri si affiancano a band più allineate con il deathrock americano (ma non lo nascondono), con quello stile che, specialmente per la distorsione di chitarra, ricorda i Bloody Dead & Sexy o i connazionali Eat Your Make Up. Solo la conclusiva "45" si crea spazi di lento sviluppo in cui di nuovo lo xilofono e il violoncello, presumibilmente digitali, si alternano con le parti di chitarra e basso, un po' in secondo piano rispetto all'album di esordio. Ne trae in parte vantaggio l'ascolto, anche se in verità si fatica un po' per arrivare alla fine del disco. Troppe aspettative, forse, per una band ancora giovane che ha avuto la fortuna/sfortuna di trovarsi sotto l'attenzione mediatica già all'esordio, e da cui ci aspettiamo comunque grandi cose per il futuro. Il momento migliore? "Hidden & Sick": era dai tempi in cui Peter Murphy (voce dei Bauhaus) e Mick Karn (bassista nei Japan) deliziarono il pubblico con l'album "The Waking Hour", sotto il monicker Dalis Car, che non si ascoltava un simile brano di orchestrazione neoclassica elettronica ed acustica. La strada appare comunque in discesa per i quattro francesi, e Sam Rosenthal difficilmente sbaglia...
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